Enzo è un ragazzino come tanti. Un ragazzino che, insieme ai suoi coetanei, vive la sua quotidianità per strada, contendendosi un po’ per gioco e un po’ per senso di appartenenza il controllo della ‘sua’ via, quella che percorre ogni giorno per tornare a casa. In un racconto a tratti divertente e a tratti intensamente emotivo, i giovani del quartiere creano legami forti, consolidano amicizie all’interno di gruppi chiusi simili a vere e proprie gang. La lotta di quartiere tra ‘eserciti’ di bambini o poco più anima l’intera narrazione, in una sorta di rievocazione in salsa nostrana de “I ragazzi della via Pàl”.
La storia, raccontata secondo la tecnica narrativa del flashback, riporta in vita una società che oggi non esiste più, ma che ha caratterizzato la seconda metà del secolo scorso, soprattutto nei paesi del Sud Italia, quando la strada rappresentava il mondo intero per orde di giovani. Enzo, nonostante la disperazione della madre, che si augura che suo figlio possa prima o poi maturare e diventare “vagnone te carbu” (bravo ragazzo), si lascia assorbire da quell’ambiente così genuino e, a tratti, persino violento, dimostrando la sua scaltrezza e diventando sempre più astuto.
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La storia, raccontata secondo la tecnica narrativa del flashback, riporta in vita una società che oggi non esiste più, ma che ha caratterizzato la seconda metà del secolo scorso, soprattutto nei paesi del Sud Italia, quando la strada rappresentava il mondo intero per orde di giovani. Enzo, nonostante la disperazione della madre, che si augura che suo figlio possa prima o poi maturare e diventare “vagnone te carbu” (bravo ragazzo), si lascia assorbire da quell’ambiente così genuino e, a tratti, persino violento, dimostrando la sua scaltrezza e diventando sempre più astuto.
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